venerdì 9 ottobre 2009

traduzione da Le Monde articolo apparso nell'edizione del 13-09-2009 Berlusconi e i media, o la democrazia in agonia.

Per poter capire bene la situazione italiana, bisogna immaginarsi un uomo politico francese che sia allo stesso tempo proprietario di TF1, France2 e di M6 , capace di nominare i suoi fedeli a capo di Radio France e del resto del servizio pubblico. A questo bisognerebbe aggiungere qualche cosetta come Hachette, Le Point, Le Figaro è una fortuna personale stimata da Forbes a 6,5 miliardi di dollari. Impensabile? A Parigi ,forse ,ma non a Roma.
I lettori mi scuseranno se gli chiedo ancora uno sforzo d'immaginazione: bisogna accettare l'idea che un miliardario come quello che ho appena descritto sia eletto presidente della Repubblica e che, dal palazzo dell'Eliseo, lancia una raffica di azioni legali contro giornali dell'opposizione, faccia sparire dai mezzi audiovisivi qualsiasi critica (anche quella degli attori) e, per fare le cose ben fatte, scateni una campagna di calunnie contro il direttore del quotidiano dei vescovi con lo scopo d' obbligarlo a dimissionare.
Se tutto ciò somiglia ad uno scenario mediocre, rifiutato da qualsiasi regista cinematografico per la sua poca credibilità, è perché la realtà italiana sfida l'immaginazione: 48 ore non erano passate dall'apparizione dell'articolo del direttore di La Repubblica, Ezio Mauro, che Berlusconi conseguiva un nuovo successo nella sua guerra personale contro la stampa libera. Il 3 settembre, Dino Boffo,il direttore di Avvenire, il giornale della conferenza episcopale italiana, dimissionava dopo un attacco da parte di Il Giornale, testata appartenente alla famiglia Berlusconi. Questo attacco è stato definito " disgustoso" dal cardinale Bagnasco. Ahimè, il grido d'allarme di M. Mauro " l'uomo più ricco e più potente d'Italia ha deciso di scatenare l'offensiva finale contro i giornali che criticano il suo esercizio del potere" appare oggi perfettamente giustificato.
E' evidente che esiste uno slittamento del regime di Berlusconi verso una forma di democrazia "a la Poutine", dove le elezioni sono organizzate regolarmente, ma dove il risultato è falsato in anticipo sotto l'influenza del denaro e dal controllo severo dei media.
Il fatto che i due soli leader nel mondo che Berlusconi consideri come suoi amici personali, dopo la fine del mandato di Bush, siano Poutine e Khadafi non ha niente di fortuito.
Prova una simpatia istintiva per i leader che non si imbarazzano con delle formalità e che non soffrono di "lentezza" nelle loro decisioni .
Il primo ministro(e anziano presidente) russo e la sua famiglia sono regolarmente invitati nelle numerose ville del presidente del consiglio italiano. Il lato buffone di Berlusconi negli incontri internazionali nasconde una verità che non ha niente di divertente: fin dai suoi inizi in politica, nel 1994, ha operato per consolidare la sua influenza a tutta la stampa, a tutta l'editoria e a tutta la televisione. Si dimentica troppo facilmente che nel 1991 Berlusconi è diventato proprietario della più grande casa editrice italiana, Mondadori, comprando un giudice tramite il suo avvocato Previti, lui stesso condannato per corruzione in questo affare (giudizio confermato dalla corte di cassazione nel 2007).
Berlusconi ha debuttato in politica come proprietario della totalità dei canali nazionali televisivi privati, una posizione che in Francia non gli sarebbe mai stato possibile raggiungere. I suoi tre canali non si limitano a proporre dei varietà, delle promozioni commerciali e dei vecchi film americani. Ma vanno molto al di là: i telegiornali di Canale 5, Italia uno, rete 4, sono la punta di diamante della propaganda del suo partito, Forza Italia, ora ribattezzato Popolo della libertà. I quotidiani Il Giornale, Il Foglio, Libero, come il settimanale Panorama , attaccano senza tregua non solamente il leader dell'opposizione, ma ugualmente qualsiasi voce critica: gli intellettuali, la Chiesa, la commissione europea.
Dopo ogni vittoria elettorale ha obbligato la RAI, il canale pubblico, a cambiare i direttori dei canali e dei giornali televisivi, che sono ormai ai suoi piedi. Solo il terzo canale e il suo giornale hanno potuto fino ad ora mantenere una sensibilità " di sinistra", ma sono ugualmente entrati, nel mese di agosto, nel mirino.
I suoi avvocati, che ha fatto eleggere al Parlamento e a volte nominati ministri, da 15 anni rottamati in tutti i tribunali italiani: prima per proteggerlo dalle conseguenze giudiziarie delle sue azioni; ora per ridurre al silenzio qualsiasi oppositore.
Sono quindi citati a giudizio L'Unità, il quotidiano fondato da Antonio Gramsci nel 1924, e La Repubblica , il giornale indipendente di centro sinistra che, dal 14 maggio, gli pone quotidianamente 10 domande riguardanti i comportamenti che hanno attirato l'attenzione della stampa internazionale (non succede tutti i giorni che un presidente del consiglio in esercizio viene registrato nella sua casa da una ragazza squillo nel momento in cui le dice" aspettami nel grande letto di Poutin.")
La mancanza di solidarietà verso l'Unità e La Repubblica da parte degli altri grandi giornali italiani mostra che la strategia funziona: il resto della stampa sfiora solo l'argomento.
Mostrando che Berlusconi ha l'intenzione di tentare un'azione legale contro la stampa straniera che ha descritto le sue stravaganze. Il primo bersaglio è il settimanale francese Le Nouvel Observateur , seguito da El Pais in Spagna e da diversi quotidiani inglesi.
C'è una dose molto grande di megalomania in tutto questo: difficilmente si vede un giudice francese o inglese condannare dei giornalisti per aver posto delle domande a un uomo politico. E a Parigi, da quel che si sa, il crimine di lesa-maestà è stato soppresso nel 1832. Ma il lato folkloristico del personaggio e le buffonerie di cui si rende responsabile a ogni incontro internazionale nascondono un'influenza indomabile sul potere.
Gli attacchi contro la stampa non hanno veramente lo scopo di ottenere dei risarcimenti che riguardano i dossier giudiziari: la strategia mira a intimidire gli altri giornali indipendenti con la minaccia di battaglie giudiziarie che possono durare per anni e anni, come fu il caso ai tempi del confronto tra William Westmoreland e CBS sulla guerra del Vietnam. L'affare cominciò con un documentario televisivo nel 1982 e finì nel 2001 con il dietro-front del generale: i processi civili in Italia avanzano a una velocità simile.
In più, in primavera, Berlusconi ha chiesto agli impresari italiani riuniti in congresso di non far più passare gli inserti pubblicitari nelle pagine di La Repubblica, col pretesto che il quotidiano osa criticarlo. Anche qui, sfortunatamente, è la prima volta che in Occidente un uomo politico tenta di manipolare il mercato per soffocare un giornale che non gli piace. Certamente, non è ancora il sistema Poutin impiegato per sbarazzarsi dei reporter fastidiosi...
Thomas Jefferson, l'autore di La dichiarazione d'indipendenza degli Stati Uniti, amerebbe dire che" ogni uomo ha due patrie: la sua e la Francia". Sarebbe dunque tempo di aprire un dibattito nella stampa francese, per rispondere a una domanda molto semplice: l'Europa di Jean Monnet, di Robert Schuman e d'Altiero Spinelli può tollerare che la democrazia agonizzi in un paese che l'ha creata, l'Italia?

Fabrizio Tonello

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